#femminismopedagogico

Quando uno stereotipo blocca i sogni

Da quando ho iniziato ad occuparmi di femminismo pedagogico, ho cominciato pian piano a comprendere il potere che gli stereotipi hanno sulla nostra visione del mondo: ci dicono cosa aspettarci dalla realtà. E nello specifico gli stereotipi di genere ci dicono cosa aspettarci da un uomo o da una donna, come devono essere le donne e gli uomini (ma anche le bambine, le ragazze, i bambini e i ragazzi).

Ma c’è di più: questi stereotipi hanno la pretesa di indicare quale sia il ruolo di una persona in base al genere cui appartiene. E in questo modo limitano le aspettative sul proprio futuro tanto delle donne di domani, quanto dei futuri uomini.

Cosa sono gli stereotipi?

Per comprendere come ciò sia possibile bisogna innanzitutto comprendere cosa sia uno stereotipo. Con questo termine, infatti, ci si riferisce ad un’opinione su fatti, cose o persone precostituita e generalizzata, ovvero un’idea che non si basa su un’esperienza diretta di un singolo caso ma pretende di raggruppare in un unico schema tutti gli elementi di una certa categoria.

Gli stereotipi, quindi, sono schemi mentali di interpretazione della realtà per categorie. In altri termini, sono credenze diffuse che attribuiscono alla realtà alcune caratteristiche, prescindendo da ogni conoscenza specifica o esperienza diretta. Gli stereotipi sociali, nello specifico, sono schemi di classificazione della società per gruppi di persone connotate secondo determinate caratteristiche che, per generalizzazione, si estendono a ogni membro del gruppo.

Queste immagini mentali sono utili perché ci aiutano a semplificare e sintetizzare la complessità della realtà, evitandoci ad esempio di dover affrontare ogni situazione ripetitiva sempre come se fosse la prima volta che la viviamo. Ma allo stesso tempo ci fanno perdere informazioni, perché ingabbano la realtà in immagini fisse e immutabili che non permettono di cogliere sfumature e differenze.

Stereotipi di genere

Gli stereotipi di genere sono rappresentazioni comuni e semplificate della realtà che attribuiscono determinate caratteristiche alle donne, agli uomini e ai rapporti fra loro. Potremmo definirli dei luoghi comuni condivisi da un determinato gruppo sociale e che connotano “sommariamente” tanto l’identità quanto i ruoli di genere.

Utilizzare gli stereotipi di genere coincide però con l’avere una percezione rigida e distorta della realtà di ciò che noi intendiamo per femminile e maschile e di ciò che ci aspettiamo dalle donne e dagli uomini, perché essi definiscono la mascolinità e la femminilità sulla base delle caratteristiche e delle qualità, socialmente e culturalmente, attribuite agli uomini e alle donne.

Le immagini veicolate dagli stereotipi di genere, secondo i quali le donne e gli uomini presentano “naturalmente” determinati elementi caratteriali, specifiche attitudini e competenze proprio in quanto donne e in quanto uomini, possono influire in modo significativo nelle scelte che compiute nel corso della vita. Il pericolo maggiore che si corre è quello di cominciare a leggersi e a immaginarsi nel futuro prevalentemente attraverso gli stereotipi e non per quelle che sono le proprie caratteristiche individuali.

E in questo meccanismo chi ha la peggio è puntualmente la donna, la cui immagine stereotipata non è delle più “affascinanti”. Vediamola nel dettaglio.

La donna negli stereotipi

Con l’evolversi delle società e della cultura, anche le immagini stereotipate mutano. E per quanto sicuramente l’immagine della donna sia cambiata negli ultimi decenni, ancora non possiamo dire di aver scardinato alcuni pregiudizi molto forti, che albergano nelle caratteristiche che sono reputate “tipicamente femminili”. La donna infatti viene considerata:

-moglie e madre: deve occuparsi della casa e della famiglia e non deve lavorare fuori casa per non tralasciare questi “doveri” (anche se poi in realtà la maggior parte delle donne lavora dentro e fuori casa);

-incapace di cavarsela da sola: ha bisogno di un uomo per poter essere felice perché da sola non sa affrontare i problemi pratici della vita come succede per le principesse delle favole (circolano ricette culinarie per trovare marito, per non parlare dei suggerimenti circa i comportamenti da evitare per non essere lasciate dai partner);

-possesso del suo uomo, il quale prende decisioni al suo posto, non sempre accetta che lei si allontani o diventi autonoma, e può essere violento nei suoi confronti senza sentire di commettere un crimine;

-bella e stupida: deve pensare al proprio aspetto fisico ma non alla propria formazione culturale, passare il tempo a scegliere vestiti, scarpe e trucchi invece che libri (nella realtà il 60% dei laureati italiani sono donne),

-oggetto erotico che serve ad attirare l’attenzione e che desidera sempre l’attenzione maschile. Stando così le cose gli uomini si sentono autorizzati a dare queste attenzioni, anche quando non sono gradite o vengono espressamente rifiutate, fino a sfociare in avances inopportune e/o vere violenze sessuali.

Alcune caratteristiche naturali della donna (il fatto che sia lei a generare e occuparsi inizialmente dei figli, la sua minore forza fisica, l’aspetto fisico generalmente più gradevole, alcuni aspetti caratteriali tipici, anche se non assoluti) sono nel tempo diventati motivo di sopraffazione da parte dell’uomo, che oggi ha in vari casi difficoltà nello stare al passo con le nuove conquiste femminili. Perché la maggior parte delle donne non si ritrova in quegli stereotipi, lotta per uscire dalla gabbia, ma si trova a fare i conti con una società che non sa ancora darle un nuovo ruolo.

Anche se apparirebbe vero il contrario, i pregiudizi secolari sulle donne hanno strascichi che non sono ancora stati superati del tutto e che ancora limitano la loro liberà. In famiglia, sul lavoro, nella vita sociale e politica le donne sono ritenute in qualche modo inferiori agli uomini, un passo dietro a loro. Giusto per fare un esempio: alcune parlamentari europee hanno riferito di come durante le discussioni in aula sia stato chiesto loro di non alzare la voce, cosa che invece i colleghi uomini fanno tranquillamente, senza che nessuno “osi” richiamarli all’ordine.

Come sogni il tuo futuro?

In questa società in mutamento, in cui le donne lottano per veder riconosciuti i propri diritti e gli uomini cercano di costruirsi una nuova identità, che stia al passo con l’evoluzione femminile, c’è un aspetto di cui rischiamo di dimenticarci.

Che futuro possono sognare le nuove generazioni?

Se credono agli stereotipi che abbiamo ereditato dal passato (e che purtroppo hanno ancora molta presa perché sono veicolati subdolamente dai media e dai social) rischiano di tarpare le ali ai propri sogni!

E questo vale tanto per le ragazze quanto per i ragazzi. Perché una gabbia limita i movimenti di chiunque si trovi al suo interno e gli stereotipi sono delle gabbie!

Per cui se le ragazze rischiano di rinunciare a sognare una carriera scientifica per spostare l’attenzione su trucchi e vestiti, i ragazzi che si occupano di bellezza o di cura dell’altro rischiano di essere identificati come omosessuali, perché lontani dai sogni degli “uomini veri”. E questa non è che un’esemplificazione riduttiva di quello che accade nella società: a quanti vengono suggerite carriere “idonee” al proprio genere sessuale? A quanti ne vengono sconsigliate altre ritenute non “adeguate” per lo stesso motivo?

Ecco allora che lo stereotipo va a pregiudicare le aspirazioni, limita i sogni, blocca i legittimi desideri di chi vorrebbe solo seguire le proprie passioni, infischiandosene di cosa viene considerato “da uomo” e cosa “da donna”.

Educare ad una nuova visione del maschile e del femminile significherà allora anche sostenere i sogni dei nostri giovani e aiutarli a realizzarli, specie quelli che vanno a scardinare presunte certezze che non hanno ragione di esistere. Perché solo così, insieme ai ragazzi, costruiremo una nuova società libera da gabbie… e con nuove storie da raccontare (ma di questo parleremo nel prossimo articolo dedicato al #femminismopedagogico).

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