Educare al benessere

I pericoli dello sharenting

Viene definito sharenting l’abuso dei social network da parte dei genitori per parlare continuamente dei figli e mostrarne, in maniera esibizionistica, foto e/o video. Nasce dall’unione delle parole inglesi to share, ossia condividere, e parenting, ovvero genitorialità.

Dai dati di uno studio appare come in Italia il fenomeno sia più diffuso per i bimbi piccoli (da 0 a 3 anni), le cui immagini sono condivise dall’86% dei genitori, e tenda a calare con l’età, con il 68% dei genitori che ammette di condividere immagini dei loro bimbi dopo il quarto anno di età.

Ciò significa che questa pratica di condividere senza limiti immagini e notizie sui propri figli non prevede di prendere in considerazione il consenso dei figli, vista l’età dei minori le cui immagini vengono condivise maggiormente (per non parlare del fatto che in alcuni casi lo sharenting ha inizio già dalle ecografie!). E uno dei risvolti a cui non si pensa quasi mai è che da grandi questi figli si troveranno con un fardello di contenuti digitali pubblicati in passato dai propri genitori (perché eliminare contenuti dalla rete è quasi impossibile), di cui forse non saranno tanto felici (molti adolescenti se ne dicono infatti imbarazzati) e che in ogni caso sarà parte integrante della loro identità digitale.

Pericoli più o meno noti

Di solito quando si parla di sharenting ciò che fa più paura è il rischio che le immagini pubblicate entrino nel circolo della pedopornografia o che in qualche modo di venga facilitato l’adescamento del minore: foto e video privi di malizia ma che ritraggono scene intime possono essere scaricati tramite screenshot, manipolati con semplici programmi e collocati in altri ambienti online per scopi lontani da quelli originali; dati sensibili sulle abitudini e le passioni dei bambini possono diventare materiale utile per chi vuole avvicinarli o adescarli (nella realtà o online).

Già solo questo dovrebbe essere un chiaro avvertimento per gli adulti a limitare l’eccessiva condivisione sui social, eppure i pericoli non si fermano qui. Ad esempio potrebbe avvenire un furto di identità digitale, allorquando le foto e le informazioni condivise vengono scaricate e usate per creare falsi profili, con cui magari saranno poi commessi dei crimini.

Lo sharenting espone poi i bambini a violazione della privacy, che non è un diritto solo degli adulti, ma anche di bambini e bambine, come sancito dalla Convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Inoltre si può creare una mancata tutela dell’immagine del minore, quando viene perso il controllo su informazioni e contenuti condivisi, i quali però restano nel web e vanno a costituire l’identità digitale dei bambini, con effetti concreti e reali sul loro futuro dal momento che i contenuti online restano e possono essere a disposizione di chiunque. E in un mondo in cui ciò che appare online è sempre più importante anche nel mondo del lavoro, è facile prevedere come alcuni contenuti non faciliteranno la costruzione di un’immagine affidabile e valida.

Come afferma il Garante per la privacy: “Ciò che viene pubblicato online o condiviso nelle chat di messaggistica rischia di non essere più nel nostro controllo e questo vale maggiormente nel caso dei minori. Quando qualcosa appare su uno schermo, non solo può essere catturato e riutilizzato a nostra insaputa da chiunque per scopi impropri o per attività illecite, ma contiene più informazioni di quanto pensiamo, come ad esempio i dati di geolocalizzazione. Chiediamoci sempre se i nostri figli in futuro potrebbero non essere contenti di ritrovare loro immagini a disposizione di tutti o non essere d’accordo con l’immagine che gli stiamo costruendo. È bene essere consapevoli che stiamo fornendo dettagli sulla loro vita e che potrebbero anche influenzare la loro personalità e la loro dimensione relazionale in futuro.1

Non bisogna, infatti, sottovalutare l’impatto psicologico dello sharenting sui bambini quando poi inizieranno a navigare in rete autonomamente, perché da un lato potrebbero imparare dai genitori a condividere anche gli aspetti più intimi della propria vita, non rispettando la propria stessa privacy, mentre dall’altro potrebbero trovarsi a fare i conti con l’essere/essere stati esposti pubblicamente al giudizio degli altri in continuazione e con il cercare a propria volta l’approvazione degli altri online.

Come tutelare i nostri figli

La prima mossa per tutelare maggiormente i nostri figli online è chiederci se ci sia davvero bisogno di condividere ogni minima esperienza vissuta insieme a loro con il resto del mondo: che bisogno stiamo soddisfacendo in quel modo? Di sicuro non è un bisogno del minore. Allora perché esagerare con le condivisioni? Che impatto può avere sul minore? Possiamo limitare la nostra voglia di far sapere a tutti quanto è bello/bravo/intelligente/divertente il nostro pargolo? Cosa otteniamo noi? Ne possiamo fare a meno?

Ritengo che ogni genitore che condivide – anche raramente – immagini dei propri figli online dovrebbe porsi senza maschere di fronte a queste domande, per rendersi conto delle motivazioni che si celano dietro un’azione ormai diventata normale, visto che “lo fanno tutti”.

Una volta riflettuto con serietà e stabilito che entro certi limiti non ci si vuole privare della possibilità di condividere le immagini di un figlio, è bene sceglierle con attenzione, privilegiando quelle in cui il volto non è riconoscibile – o è stato coperto – e che non ritraggono momenti intimi e privati (come il bagnetto). Ed è preferibile non divulgare informazioni personali sensibili, ad esempio su abitudini e passioni.

Sarà poi opportuno controllare le impostazioni di protezione di ogni social network adoperato, limitando le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono o che sono affidabili e non condividono senza consenso. Inoltre è bene chiedere a parenti ed amici di rispettare le proprie decisioni quando vogliono condividere le foto di minori. E quando i figli crescono, è necessario chiedere il loro consenso prima di pubblicare un’immagine che li ritrae: in tal modo, oltre a rispettare il loro volere, si farà anche una buona educazione all’uso dei social.

Tempo fa un minore di Roma ha chiesto e ottenuto la possibilità di andare a studiare all’estero per tutelare la propria immagine nei confronti di una situazione compromessa nel luogo in cui viveva a causa dell’esposizione perpetrata sui social dalla madre. Il Tribunale di Mantova ha condannato una madre che si rifiutava di eliminare dai social le immagini della figlia. Una proposta di legge da poco presentata vuole garantire l’oblio digitale al compimento dei 14 anni e prova a mettere un freno allo sfruttamento delle immagini dei minori per fini di lucro, ma prima di arrivare alle vie legali forse ci si può chiedere cosa otteniamo noi adulti da una simile sovraesposizione della nostra vita sul web: tornare ad assaporare i momenti di vita reale, anche senza condividerli nel mondo virtuale, può solo far bene a noi e ai nostri figli!

  1. https://www.garanteprivacy.it/temi/minori/sharenting ↩︎
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