Vita di coppia

Egocentrismo di coppia

Se penso ad una coppia e penso al rischio di cadere preda dell’egocentrismo, le prime immagini che si formano nella mia mente sono quella di una coppia alla ricerca di equilibrio tra due partner che “lottano” per essere costantemente al centro dell’attenzione e quella di una coppia palesemente squilibrata, in cui un partner accentra tutte le attenzioni su di sé e svaluta – più o meno palesemente – l’altro. Per l’educazione “malata” che spesso viene data in famiglia, non è raro che le coppie si trovino a vivere una di queste situazioni ed è frequente la possibilità di trovarsi in un rapporto – patologico – in cui un partner è narcisista mentre l’altro è dipendente affettivo.

Ultimamente si parla moltissimo di questa tipologia di rapporti e su internet si possono trovare tanti spunti per approfondire il tema (ad esempio qui sul narcisismo patologico e qui sulla dipendenza affettiva, o ancora qui sul rapporto tra narcisista e dipendente).

Per questo motivo vorrei spostare il focus su una situazione diversa, dove l’egocentrismo caratterizza la coppia vista come un solo agente, come una totalità unica. In questo caso potrebbe accadere anche che nessuno dei due partner sia egocentrico o tanto meno narcisista preso singolarmente, che ci sia la capacità di guardare l’altro per andargli incontro, e che, nonostante questo, la coppia resti chiusa in sé, come in una bolla, da cui non vuole o non sa uscire.

“Noi per chi siamo?”

Una delle domande fondamentali che ogni persona deve porsi nel processo di formazione delle propria identità è “Io chi sono?”. Allo stesso modo i partner che danno vita ad una coppia devono essere in grado di contrattare tra loro l’identità della propria unione, trovare insieme un modo comune di intendere il proprio legame e di pensare loro stessi in quel rapporto.

Ma questa domanda non può essere l’unica, né a livello personale né all’interno della coppia, perché la comprensione della propria identità non apre all’orizzonte di senso sulla propria esistenza. Per questo motivo è necessario chiedersi anche “Io per chi sono?”, che nella coppia diventa “Noi per chi siamo?”.

Porsi tale interrogativo vuole dire aprirsi ad una progettualità, andare oltre se stessi e individuare un senso che possa orientare la propria vita e la vita della propria unione. Vuol dire scoprirsi limitati e trovare il modo per trascendere quel limite.

Solo che la nostra società non ci insegna a farci questa domanda, perché una persona capace di trascendersi è una persona che non “consuma”, che non guarda solo a se stessa e che non chiede attenzioni solo su di sé. Spesso è una persona più felice, che sa colmare (al di fuori delle leggi del marketing) le piccole o grandi mancanze che chiunque sperimenta. Allo stesso modo una coppia che si trascende è una coppia che molto spesso va controcorrente, che sa andare oltre crisi momentanee, che è unita nel profondo, che sa scoprirsi generativa nel senso più profondo del termine.

Coppia che si bacia al tramonto

Generatività

Secondo lo psicologo americano Erik Erikson ogni fase della vita ha dei compiti di sviluppo ben precisi, che se positivamente raggiunti permettono alla persona di sentirsi competente e realizzata. Egli individua nella generatività il compito che caratterizza l’età adulta, indicando come l’uomo maturo abbia la capacità e il bisogno di prendersi cura di qualcosa che egli stesso ha prodotto.

La generatività consiste, infatti, nel dar vita a qualcosa che ci trascende, qualcosa che duri anche dopo di noi e che possa avere un valore positivo anche per gli altri. E questo vale tanto per l’individuo quanto per la coppia, per quanto logicamente nella coppia la generatività assuma anche un altro significato, che riguarda specificamente la procreazione.

Guardando a molti adulti e a molte coppie di oggi, mi pare di poter dire che siano carenti di generatività in entrambi i sensi. Spesso si rinuncia a procreare (non parlo dei casi in cui sia fisicamente impossibile o pericoloso avere dei figli) e cala anche il desiderio di adottare, ma manca sempre più anche la capacità di guardare oltre se stessi, di dedicare la propria vita in due a qualcosa che vada oltre la coppia, di progettare e creare qualcosa insieme. Ci sono casi in cui anche le coppie che hanno figli – e che quindi apparentemente sono generative – appaiono sterili in un senso più profondo, perché non hanno un orizzonte di senso verso cui muoversi, restano ancorate nell’oggi, senza nulla che li proietti nel “dopo di noi”.

Non è infatti l’avere figli – biologici o adottivi – a definire la generatività. Essere generativi significa impegnare le proprie energie personali e di coppia per qualcosa in cui si crede, dare un valore e un’orizzonte di senso alle proprie azioni, muovendosi in direzione di qualcosa che può restare dopo di sé o che può portare vantaggio ad altre persone. Ma questo orizzonte di senso appare inesistente in una società in qui quello che vale è solo l’adesso, una società dimentica del passato e incapace di investire nel futuro.

Si assiste così a quella che sempre Erikson definì come stagnazione. I due partner sono assorbiti da se stessi, magari si compiacciono di quello che hanno ottenuto ognuno nella carriera, ma non c’è la capacità di aprirsi insieme a ciò che c’è al di fuori di loro.

Può anche succedere che ciascun partner sia capace di essere generativo nella propria vita e che abbia individuato il “per chi” verso cui orientare il proprio cammino. Ma essere in due richiede che questo venga fatto anche per la coppia. Altrimenti si rischia di essere due singoli che camminano fianco a fianco, senza avere la stessa meta… finendo nel peggiore dei casi per prendere due strade diverse.

Coppia in cammino

Superare l’egocentrismo

Per non rischiare di restare chiusa in una bolla di autoreferenzialità, allora, è necessario che la coppia si interroghi a proposito di quel “Noi per chi siamo?”. Solo dalla risposta a questa domanda, infatti, può venire una chiara indicazione circa quale sarà il senso dell’unione e verrà nuova linfa per quell’unione. Perché l’amore non basta a tenere insieme due persone, se quelle persone non hanno un progetto in comune, un valore che dia senso alla loro esistenza e che proietti la loro unione oltre il tempo.

E per realizzare quel valore la coppia avrà bisogno di unire le proprie energie generative, per dar vita e prendersi cura insieme di quello che dal loro legame nascerà.

Questo spesso significa accettare di mettere almeno momentaneamente da parte se stessi e le proprie necessità, proprio come quando si ha un bambino piccolo. Perché la cura – qualunque sia l’oggetto a cui si rivolge – è mettersi da parte per far posto agli altri, ossia l’esatto contrario dell’egocentrismo. E se è difficile farlo come singoli individui, non è detto che farlo in coppia sia più facile. Ma quando l’obiettivo è comune e condiviso, la coppia ha una marcia in più, perché i due partner possono aiutarsi e sostenersi quando diventa faticoso stare dietro al bisogno altrui o portare avanti un progetto.

E voi sapete qual è il vostro “per chi”, personale e di coppia?


Se non lo faccio io, chi lo farà?

Se non lo faccio adesso, quando lo farò?

Se lo faccio solo per me stesso, chi sono io?

Viktor E. Frankl
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