Educare al benessere

L’incontenibile gioia dei bambini

Se pensiamo ai bambini, il più delle volte nella nostra mente li vediamo felici e spensierati, mentre giocano tra di loro e ridono di gusto. Nella nostra cultura in qualche modo i più piccoli incarnano la quintessenza della felicità e in alcuni casi ci sembra strano vederli alle prese con altri vissuti. In realtà, come abbiamo avuto modo di comprendere nel nostro viaggio tra le emozioni di base, proprio come gli adulti i bambini sperimentano anche emozioni quali la paura, la rabbia o la tristezza; eppure probabilmente la gioia è quella che nel nostro immaginario più delle altre si addice alla loro età. Quasi come se volessimo preservarli da ciò che di “meno bello” la vita può riservare.

Del resto il desiderio più profondo di qualsiasi genitore è proprio poter vedere i figli sereni e felici, per quanto ci siano situazioni in cui anche la gioia nei bambini può diventare difficile da gestire.

Una gioia esplosiva

Lo ricordo come se fosse ieri (anche se sono passati svariati anni): eravamo a cena con degli amici e il loro figlio, che all’epoca aveva all’incirca 3 anni, era così felice da non riuscire a contenersi: saltava, correva, gridava euforico ed incurante dei richiami dei genitori. Disperato di fronte ad una scena che conosceva fin troppo bene, il padre mi chiese come avrebbe potuto contenere in modo adeguato l’esplosione della sua gioia. Comprendeva bene, infatti, che il bimbo era semplicemente molto felice, ma temeva che il modo in cui era solito dar voce ai propri sentimenti potesse diventare qualcosa di “eccessivo” e “fuori luogo” in determinate situazioni. Era consapevole, inoltre, di quanto non sarebbe stato giusto limitare o ingabbiare ciò che il figlio stava sperimentando, ma allo stesso tempo voleva fornirgli una modalità alternativa e più “tranquilla” per gioire.

A scene come quella nel tempo ho assistito numerose volte: i miei bimbi sono esplosivi allo stesso modo, se non di più! E il ricordo di quella chiacchierata mi ha accompagnata nel tempo, quando a più riprese mi sono interrogata su come fornire una cornice che in qualche modo aiutasse a contenere ciò che sembra schizzar via da ogni parte, senza però spegnere la spontaneità dei più piccoli.

La capacità di gestire l’espressione delle proprie emozioni è, infatti, un indice di competenza emotiva, quindi un obiettivo a cui dobbiamo puntare quando accompagniamo i nostri figli nel crescere. Però come genitori dobbiamo essere consapevoli che tale capacità non nasce dal nulla: va educata. Come educare allora a contenere la gioia?

Dandole un contenitore!

Non è un gioco di parole: i bambini devono poter fare esperienza di uno spazio mentale che funga da contenitore per ciò che anche loro vivono come esplosivo e che – di conseguenza – li rende esplosivi. E almeno in un primo momento questo spazio non può che essere condiviso con un adulto.

Avere uno spazio mentale condiviso in cui esprimere la gioia può semplicemente significare che ogni genitore (oppure la coppia genitoriale congiuntamente) dà vita, in accordo con il figlio, ad un rituale da ripetere insieme quando il bambino è felice: può essere una modalità di battere le mani che si inventa con lui, un piccolo balletto o un breve canto creato di comune accordo… basti che sia un modo per incanalare l’energia positiva della gioia, dandole modo di venire alla luce in maniera più “controllata”.

Chiaramente questi rituali dovranno evolversi e cambiare man mano che i figli crescono, fino a scomparire quando sarà opportuno. Ciò che invece non dovrà mai venire meno sarà la possibilità di condividere la propria gioia con i genitori.

Parola d’ordine: condivisione

La gioia è l’emozione che ci dice che tutto va bene e che ci spinge a condividere ciò che stiamo sperimentando con le persone a noi care. Come dicevo prima, però, non è detto che un bambino sappia automaticamente gestire la propria gioia in questo modo: il compito dei genitori è proprio quello di educare i figli affinché raggiungano una buona competenza emotiva. Il che in questo caso significa anche insegnare loro a non tenere per sé ciò che vivono.

E le prime persone con cui è giusto che un bambino condivida la gioia sono proprio i genitori, i quali, se vogliono invogliarlo ad agire in questo modo, devono mostrare interesse per ciò che il bambino racconta oppure mostra con il comportamento. Il genitore deve fornire uno spazio relazionale in cui il bambino si senta con-tenuto, cioè tenuto insieme, e in cui sente che c’è sincero interesse per quello che vive, in cui – in altre parole – sente di essere importante e sente che è ritenuto importante ciò che comunica.

La voglia di condividere può essere, infatti, irrimediabilmente bloccata quando un “altro significativo” (ossia una persona per me importante) non si mostra interessato a ciò che viene condiviso, oppure lo svaluta o gli presta un’attenzione frettolosa. I bambini sono molto sensibili a questo aspetto, che poi è il motivo per cui chiedono di essere costantemente guardati in faccia mentre parlano (ed il motivo per cui dobbiamo guardarli quando ci parlano o parliamo loro), e se non ottengono l’attenzione desiderata possono decidere che non vale la pena di mostrare il proprio mondo interiore.

Logicamente un bambino che impara in famiglia che può condividere la propria gioia (così come le altre emozioni che vive), sarà un bambino capace di condividere anche al di fuori della famiglia, con i suoi compagni di scuola e i suoi amici. Ma un bambino che impara che nessuno ha tempo per starlo ad ascoltare sarà un bambino che evita di mostrare ad altri ciò che sperimenta, impedendosi in alcuni casi di ottenere il supporto emotivo di cui ha necessità.

Risulta evidente allora come sia proprio in casa che si gettino le basi per la salute emotiva dei bambini: non possiamo pretendere che i nostri figli diventino capaci di vivere con altri le loro emozioni se noi per primi non diamo la giusta rilevanza a ciò che provano. Se mio figlio non mi vede gioire con lui per quella cosa bella che ha vissuto a scuola, difficilmente penserà di poterne gioire con qualcun altro!

Chiaramente a questa capacità di gioire con loro, va affiancato un lavoro continuo a sostegno della competenza emotiva, che nel caso specifico della gioia si tradurrà nell’incoraggiarli a trovare altre persone con cui sia possibile condividere le proprie soddisfazioni e i propri successi, aiutandoli a capire di chi fidarsi e da chi proteggersi (perché anche questo va insegnato!).

Solo in questo modo avremo figli capaci di vivere appieno la propria gioia!

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