#femminismopedagogico

Quale madre per i nostri tempi?

Da qualche tempo propongo modelli femminili alternativi che hanno origine nel mondo letterario della saga di Harry Potter ma che hanno molto da dire anche a noi donne del mondo reale. Ho presentato la figura di Hermione Granger (in questo articolo) e quella di Luna Lovegood (in quest’altro), evidenziando cosa hanno da insegnarci, e potrei fare altrettanto con la figura di Ginny Weasley e quella di Minerva Mc Gonagall (di cui ho parlato qui per quel che riguarda il suo ruolo educativo): sono tutte figure femminili a cui è possibile ispirarsi nel dar forma alla propria identità femminile, ma sono accomunate da una caratteristica che potrebbe rendere difficile imitarle da parte di tutte le donne, ossia non sono madri (quanto meno non seguiamo le loro avventure come madri nei 7 libri della “saga ufficiale”), per non parlare del fatto che 3 su 4 sono molto giovani.

Mi sono chiesta se tra le pagine della Rowling potesse nascondersi una figura femminile matura, possibilmente una madre, da cui le madri del mondo reale potessero prendere spunto e, invece di trovare una risposta, sono nati in me molti dubbi. Andando a guardare quei pochi esempi di madri che la Rowling tratteggia nella saga di Harry Potter, infatti, io personalmente non mi sono sentita affatto rispecchiata, eppure mi sono chiesta quante madri del mondo reale oggi somiglino a loro e quante possano ritrovarsi in quella che è la loro esperienza.

Procediamo allora con ordine, andando a vedere chi sono queste madri e che messaggio arriva dai loro personaggi.

Le madri del mondo magico

La prima mamma che incontriamo aprendo il capitolo uno della saga di Harry Potter è Petunia Dursley, sorella di Lily Potter, la mamma del protagonista. E’ con questa zia che Harry cresce, anche se per lui lei non ha spazio né nel cuore né nella mente, interamente occupati dal suo grande amore, il figlio Dudley.

La vita di Petunia gira attorno a quell’unico figlio, non ha altro scopo che nutrirlo e viziarlo, ignorando i segnali di problemi fisici (un notevole sovrappeso) e comportamentali (chiarissimi atteggiamenti da bullo) che il figlio manda in modo inequivocabile. Anche il rapporto con il marito sembra ruotare esclusivamente attorno a quell’unica cosa che li unisce – fatta eccezione per l’odio viscerale per la magia. Non ha un lavoro, non ha un hobby o un interesse che le permetta di realizzare passioni e ambizioni: la sua vita è assorbita dalla cura del figlio e dalla pulizia della casa.

Nel mondo magico ritroviamo la perfetta controparte di Petunia, rappresentata da Narcissa Malfoy, madre dell’iper-viziato ed arrogante Draco. E non è un caso che Harry rintracci immediatamente una somiglianza tra Dudley e Draco: sono della stessa pasta perché cresciuti con lo stesso amore malato.

Il motivo per cui dico che l’amore di Narcissa e Petunia è malato è piuttosto semplice: non hanno altro che dia senso alla loro vita all’infuori dei figli, vivono in una sorta di adorazione costante di quelle creature. I mariti sono figure marginali nel loro campo affettivo: li rispettano ma non mi sentirei di dire che li amano. Non c’è null’altro capace di dare valore alle loro giornate, sono pronte a privarsi di tutto (Narcissa rinuncia persino alla sua bacchetta magica) pur di far felici i figli… ammesso che quella che i figli ricavano da una simile devozione sia una felicità autentica.

Sullo stesso piano di queste due donne possiamo mettere la signora Crouch, moglie dell’inflessibile Barty Crouc senior e madre del Mangiamorte Barty Crouch junior. Quando il figlio viene condannato proprio dal padre ad essere recluso a Azkaban, lei – che è già gravemente malata – arriva a chiedere a quest’ultimo di permetterle di prendere il posto del ragazzo in prigione e di morire in vece sua. Per fare questo assume le sembianze del figlio, così da consentirgli di uscire dalla prigione e continuare a vivere, con il risultato che sarà proprio lui a permettere il ritorno di Lord Voldemort. Come madre decide di sacrificarsi per permettere al figlio di vivere, una cosa che forse ogni madre vorrebbe poter fare, peccato però che il suo amore immenso non lo redima dalle scelte che ha compiuto, né aiuti il marito a trovare un modo saggio per prendersene cura.

Su un altro livello, quantomeno per il fatto che di figli ne ha ben 7 (per non parlare dell’affetto che nutre per Harry), troviamo la mitica Molly Weasley. Si differenzia dalle madri precedenti perché avendo così tanti figli a cui pensare non ha modo di viziarli oltremisura, ma le differenze rischiano di fermarsi a questo, dal momento che anche la sua vita pare ruotare solo attorno a loro. Il che avrebbe una sua ragione d’essere, avendo dovuto crescerne tanti per tanti anni, solo che, quando anche l’ultimogenita Ginny prende il treno per Hogwarts, Molly non cambia vita, resta a casa, senza altre occupazioni. Eppure di un po’ di soldi in più ci sarebbe stato bisogno in famiglia! Anche quando si impegna nell’Ordine della Fenice il suo compito appare piuttosto relegato alla pulizia della casa e alla preparazione del cibo (oltre che al controllo dei ragazzi), pur riuscendo a vivere un momento di gloria quando uccide Bellatrix Lestrange.

Da quanto visto sembra che nel mondo magico le donne non abbiano possibilità di lavorare, fatta eccezione per le professoresse di Hogwarts e per chi gestisce negozi o altri locali: solo che di queste donne non sappiamo se abbiano famiglia. Le cose per fortuna cambieranno con la nuova generazione: Tonks è un’Auror (maghi che combattono contro i maghi oscuri) eppure avrà un figlio, anche se morirà subito dopo la sua nascita; di Hermione sappiamo dai racconti successivi che avrà dei figli e che al contempo diventerà Ministro della Magia, così come di Ginny si sa che dopo il matrimonio lascerà la carriera di giocatrice di Quidditch per diventare una giornalista sportiva. In altre parole, le prospettive future per le donne del mondo magico risultano buone, ma nel presente narrato dai libri non appare esserci spazio per figure femminili capaci di combinare lavoro e famiglia.

Le madri del mondo reale

Questa consapevolezza mi ha aperto molti interrogativi: la Rowling si è limitata a trasferire nelle sue pagine la realtà degli anni ’90? In quegli anni però già tante donne lavoravano fuori casa!

Forse, dal momento che il mondo magico appare arretrato rispetto a quello “babbano”, ha scelto di riportare una realtà familiare risalente ad un periodo precedente? Ma nemmeno Petunia lavora!

Mi sono chiesta alla fine: che problema c’è se una donna non lavora? Cosa cambia se decide di dedicare la propria vita alla famiglia? Il punto è questo!

Non c’è nessun problema se una donna liberamente sceglie di non lavorare. Il modello che sento calzare a pennello su di me non è necessariamente quello che “funziona” con qualsiasi donna di questo mondo. Ma un conto è scegliere liberamente cosa fare della propria vita, un conto è essere costrette a scegliere qualcosa che non si sente adatto a sé.

Inoltre c’è un punto fondamentale che va preso in considerazione: oltre a scegliere liberamente, dobbiamo essere messe in condizione di realizzarci. Se una donna si realizza nella cura della famiglia non c’è nulla di sbagliato, così come non c’è nulla di sbagliato nelle donne che si sentono realizzate perseguendo un obiettivo al di fuori della famiglia. Ciò che conta è poter essere felici nelle proprie scelte, e di solito si è felici nella misura in cui si riesce a fare ciò che rende persone piene, realizzate appunto.

Anche perché una madre realizzata è una madre in grado di donare ai figli l’insegnamento più grande in assoluto sull’importanza di prendersi cura di sé e dei propri sogni.

Purtroppo, però, ancora oggi molte donne e madri sono costrette a lavorare solo per motivi economici, così come tante altre sono costrette a rimanere in casa per le visioni ristrette dei familiari, bloccate nella realizzazione dei loro sogni. E per molte di loro non ci sono alternative, non c’è vera libertà di scelta e questo rende più difficile la strada per la felicità. Il rischio dell’essere madri non realizzate è proprio quello di far ruotare tutta la propria vita attorno ai figli, di assumerli come unico senso della loro esistenza, con il rischio di ottenere dei novelli Draco o Dudley.

Qualunque sia la strada che la vita ci mette davanti è importante, a mio parere, evitare che questo accada, perché una madre la cui vita non ha altro valore al di fuori dei figli è una madre che farà fatica a crescerli in modo sano e a prepararli a scegliere a loro volta autonomamente e liberamente la propria strada. Che si lavori o meno, allora, è importante tenere a mente questo e identificare cosa, al di là della maternità, ci può aiutare a dare pieno compimento alle donne meravigliose che siamo. E’ lì che ci realizzeremo e aiuteremo figli e figlie a fare altrettanto!

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